Lo stemma del Comune di Traversetolo è caratterizzato da tre fasce verdi su sfondo rosso.
Al centro campeggia un castello d'oro.
A cingere inferiormente lo stemma vi è l'elemento decorativo degli Enti Territoriali: un serto formato da un ramo di alloro e uno di quercia, passati in decusse sotto la punta dello scudo e legati da un nastro in fiocco con i colori nazionali.
Altro elemento degli stemmi degli Enti Locali è la corona d'argento, murata di nero, con 4 “pusterle” (3 visibili), con cordonature a muro sui margini, sostenente un muro aperto da 16 porte (9 visibili: si tratta verosimilmente di beccatelli) e sormontata da una merlatura a coda di rondine o “ghibellini”. Tale corona indica la volontà di libertà e di indipendenza municipale e alcuni sostengono che si ispiri a quelle che nel XVIII secolo furono poste sullo scudo delle tre principali città imperiali tedesche: Norimberga, Augusta a Francoforte (sul Meno) e in seguito assai diffuse nel XIX secolo.
PEr quanto riguarda i colori, questo è per convenzione il loro significato:
ORO: è il metallo più nobile. Si indica punteggiando il campo dello scudo o le figure così colorate. E' simbolo di ricchezza, comando, potenza.
ROSSO: richiamandosi al sangue versato in battaglia, rappresenta il valore, l'audacia, la nobiltà ed il dominio.
VERDE: è simbolo della vittoria, dell'onore, dell'abbondanza.
I primi stemmi comunali sarebbero comparsi dopo il trattato di pace di Costanza del 1183 dove venne riconosciuta l’autonomia dei Comuni e probabilmente li motivò a creare un proprio sistema di simboli e di cerimoniali.
Il termine collettivo si riferisce alle armi degli Enti Territoriali (Province, Comuni, Città) che, legalmente, rientrano tra gli “Enti Morali”, sono regolate ancor’oggi dal Decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele III del 7 giugno 1943 n. 651 dal titolo “Ordinamento della stato nobiliare italiano” e n. 652 “Regolamento per la Consulta Araldica del Regno”, che dispongono anche per l’araldica degli altri Enti Morali (Banche, Fondazioni, Monti e simili).
Si fa riferimento altresì anche al vecchio “Regolamento Tecnico Araldico della Consulta Araldica del Regno d’Italia”, approvato con Decreto del 13 aprile 1905 n. 234, e stilato dal barone e senatore Antonio Manno, commissario del re presso la Consulta, da cui il nome improprio che alcuni gli attribuiscono di “Codice Manno”.
Esso stabilisce che “Province, Comuni ed Enti Morali non possono servirsi dello stemma dello Stato, ma di quell’ arme o simbolo del quale avranno ottenuto la concessione o il riconoscimento”.
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